Chiesa di Capo di Serra

Chiesa di Capo di Serra

La Chiesa di Santa Maria di Capo di Serra, o Madonna del Buon Consiglio, è la più antica del paese: fonti storiche ne riportano l’esistenza  nel 1300, e due Bolle dei Papi Lucio III e Clemente III ne fanno menzione già alla fine del X secolo.

Per oltre quattro secoli la Chiesa e la sua piazzetta, detta Largo del Buon Consiglio, sono state il centro motore della vita religiosa, sociale e civile del paese: qui si riunivano i Maggiorenti di Barisciano, una sorta di consiglieri comunali ante-litteram, artefici della rinascita della vita civile in seguito al periodo di stasi del Medio Evo.

L’antica campana, fusa nel 1474 e posta sul campanile a vela che sovrasta la facciata anteriore, reca incise le prime parole dell’Ave Maria: “Ave Maria Gratia Plena Dominus Tecum”. I suoi rintocchi chiamavano a raccolta i cittadini per le adunanze del Buon Consiglio, e annunciavano inoltre eventi lieti o allarmanti per il paese.

A partire dal Settecento la Chiesa ha subito un decadimento sempre più marcato: a causa dei terremoti che ne causarono il crollo della parte centrale, la struttura fu addirittura tagliata in due, con la costruzione nel mezzo di due case tuttora abitate.

Il suo utilizzo come ospedale nei periodi di pestilenze portò ad intonacare le pareti per evitare il contagio, rovinando irreparabilmente i preziosi affreschi, riscoperti in parte in occasione dei restauri del 1980.

Tra i capolavori andati perduti sono da sottolineare una statua lignea della Santa Vergine acquistata nel 1323, e un altare, costruito in seguito alle distruzioni di Braccioforte da Montone nel 1439, riportante un affresco di Giovanni Paolo di Castel del Monte.

La pianta della Chiesa non è più quella originaria: è rimasto il solo ingresso laterale,  a valle, con un magnifico portale in pietra ed un’architrave di pregevole fattura. Trafugati dai soliti ignoti razziatori i due splendidi rosoni che adornavano la facciata occidentale e quella orientale, ormai ridotta ad un pagliaio. La Chiesa è oggi ad una navata unica, affiancata da un’aula rettangolare posta su due livelli; nella navata sopravvive solo uno dei quattro altari originari, al centro dell’attuale Presbiterio, e sono visibili alcuni frammenti degli affreschi tornati alla luce con in lavori di restauro degli anni ’80.

Fino ai primi anni ’50 la Chiesa era utilizzata dalle Figlie di Maria, la “Pia Unione” delle fanciulle nubili del paese, che vi si riunivano per le adunanze, le comunioni generali e le funzioni solenni, sempre con il velo bianco.

Dopo un altro periodo di dimenticanza e abbandono, la Chiesa è stata restituita al culto religioso il 1° Agosto 2005.



I dipinti di Santa Maria di Capo Serra  Fonte a cura di Concetta Maiezza

Nella chiesa di Santa Maria di Capo di Serra sono conservati dei dipinti murali databili in più momenti compresi tra il XIII e XIV secolo, noti agli occhi degli abitanti e dei frequentatori del paese ma piuttosto sconosciuti ai cultori della storia dell’arte, a dispetto dell’importanza che essi rivestono sul piano sovraregionale sotto il profilo sia iconografico, cioè dei temi trattati, sia figurativo, per le novità stilistiche presenti, sia infine nel contesto architettonico, per la loro presenza entro una struttura architettonica composta da due sole navate (oggi in realtà due corpi di forma rettangolare affiancati in direzione ovest-est privi dell’originaria zona presbiteriale).

Gli affreschi, in passato quasi del tutto occultati da scialbo ed intonaco, sono stati rinvenuti a sorpresa nei primi anni ‘80 durante i lavori di restauro, ma si presentano in condizione di grave frammentarietà che pregiudica la leggibilità di numerosi brani. La decorazione pittorica oggi dislocata sui lati lunghi delle due aule è il frutto di una unitaria campagna decorativa sicuramente estesa a tutte le pareti interne, come nel vicino San Pellegrino a Bominaco, e ascrivibile per ragioni stilistiche alla seconda metà del duecento.

Madonna col Bambino in contesto trinitario e Madonna della Misericordia Fine XIII sec.

I particolari della composizione restituiscono in evidenza gli attori di una “scena” di preghiera, come invocazione dei fedeli verso la Vergine della Misericordia a sua volta intercedente verso il “dolcissime fili” che compare a sinistra, in braccio alla Madre e rivolto alla prima persona trinitaria attraverso le parole del cartiglio. Nel particolare di sinistra si intravede sotto la mano di Dio uscente dal semicerchio di luce l’immagine di una colomba, fortemente abrasa a causa di un tramezzo che in questo punto si addossava alla parete dipinta prima del restauro.

Dormitio Virginis Fine XIII sec.

L’affresco conserva parte della scena principale del ciclo della morte della Vergine, che compare secondo i vangeli apocrifi distesa sul letto funebre avvolta nel “maphorion” e circondata dagli

Apostoli e dal Cristo: egli è chino su di lei, benedice con la destra mentre col braccio sinistro solleva probabilmente l’animula di Maria che a Barisciano non si è conservata. Il termine “dormitio”

deriva da una versione delle fonti che vuole Maria addormentata nei tre giorni precedenti la sua resurrezione.

San Giovanni Evangelista e Santa Caterina d’Alessandria Fine XIV sec.

Nei due santi si riconoscono Giovanni Evangelista e Santa Caterina d’Alessandria grazie ai “tituli” in caratteri gotici e agli attributi del martirio, come la grande ruota dentata, perfettamente conservati. La loro rappresentazione in coppia è abbastanza usuale nel XIV secolo quando il culto della martire, già vivo in Abruzzo come in altre zone d’Italia, produce la prolificazione di testimonianze artistiche e letterarie. L’affresco testimonia, attraverso la committenza di riquadri votivi, la frequentazione della chiesa in momenti successivi al Duecento.

 

Giovanni Paolo di Castel del Monte o Castelvecchio- Annunciazione e Deposizione nel sepolcro 1439

L’affresco presenta in alto una lacunosa Annunciazione e in basso la Deposizione nel sepolcro: otto figure di dolenti si volgono intorno al capo del Cristo nel momento in cui questi, avvolto del solo perizoma, viene

calato nel sepolcro, sorretto ai piedi da Giuseppe d’Arimatea. Lungo la fascia che divide i due registri una iscrizione in caratteri gotici oggi illeggibile svelava il nome dell’artista, dei committenti, e la preziosa data di

esecuzione. Le eleganti cadenze dei manti, le delicate fattezze dei volti e stesure cromatiche insieme alla carica drammatica, indicano maturità di stile entro una cultura di timbro espressionista.

 

Madonna in trono col Bambino e San Giovanni Battista Fine sec. XIII

La raffigurazione ripropone sulla parete l’idea di una icona dipinta su tavola, nello schema frontale della Madonna coronata ma priva nell’abbigliamento degli attributi regali. Il Bambino seduto e benedicente in

presenza della Madre che regge un disco rosso richiama modelli di origine non locale. E’ giustificata la presenza del Battista, in qualità di precursore del Cristo, a fianco della Madonna e il Bambino, che viene indicato attraverso i versetti del cartiglio: ECCE (a/gnus) DE/I (ecce) QUI (tollit) / PECCATA / (mundi) /…

San Leonardo XV sec.

Si tratta del brano cronologicamente più moderno dell’intera decorazione della chiesa e tra i pochi in vista prima del restauro. A pieno campo è collocata la figura di San Leonardo, tonsurato e vestito di dalmatica,

riconoscibile dalle catene spezzate nelle mani. Un morbido plasticismo coloristico emerge dal disegno sottile ed accurato nel rigore proporzionale. Ritenuto santo protettore dei prigionieri è perciò rappresentato come

immagine votiva di ringraziamento per la libertà ottenuta, forse la fine di una guerra combattuta dal committente durante il XV secolo.

 

a cura di Concetta Maiezza